Il primo uomo che colse l'analogia esistente tra un gruppo di sette pesci e un gruppo di sette giorni - scriveva Alfred Whitehead - compì un notevole passo avanti nella storia del pensiero. Iniziava così l'avventura di contare e misurare.
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All'inizio si contava e si misurava ciò che aveva utilità pratica, come giorni, greggi, lunghezze; ma poco alla volta tutto verrà misurato: aree, volumi, spostamento degli astri, gli angoli. Si arriverà a utilizzare numeri per misurare cose che non possono essere rappresentate né come oggetti né da oggetti, come la probabilità o l'infinito. Il progresso della conoscenza umana è scandito dall'invenzione di nuove specie di numeri. Gli antichi avevano creduto di raggiungere un punto fermo con la definizione dei numeri frazionali, i numeri rotti: un mezzo sta a metà tra zero e uno, un quarto a metà tra zero e un mezzo, e così via... aumentando il denominatore possiamo individuare intervalli sempre più piccoli, saturando di numeri minuscoli la retta delle grandezze fino a riempirla completamente. O almeno così sembrava logico; e invece no, ecco che i numeri compiono la loro prima grande beffa, e Ippaso di Metaponto, verso il 500 a.C, si rende conto che in quella fitta trama di razionali si inseriscono altri numeri, completamente diversi (irrazionali, appunto), il cui capostipite è l'inquietante radice quadrata di due. Poi verranno gli immaginari, con le loro impossibili radici di numeri negativi. I numeri non hanno mai terminato il loro cammino...
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