“La guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai militari”. Per non farla fare solo ai militari i politici dell’Italia unita ci hanno messo di loro, riuscendo a realizzare un perverso mix che ha portato a una lunga teoria di eclatanti sconfitte.
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A Custoza si perde una battaglia già vinta perché La Marmora e Cialdini conducono una guerra privata; a Lissa l’inesperto ammiraglio Persano e i suoi vice neppure si parlano, e i sogni di gloria vanno a picco assieme alle navi e ai marinai. A Caporetto Badoglio, pur sapendo che gli austro-tedeschi stanno per attaccare, se ne va a dormire. L’attacco alla Grecia soddisfa solo le manie di grandezza di Ciano e Mussolini e si incanala subito verso un clamoroso disastro che fa sogghignare mezza Europa. Una tragedia che è la prova generale della Campagna di Russia… Ma le sconfitte non hanno pesato solo sul piano militare. Spesso sono state l’occasione per scatenare psicodrammi assurdi o ancora più ridicole caccie a capri espiatori di comodo, rivelando tutta la fragilità della nostra identità nazionale, basti pensare ad Adua e alla caduta di Crispi. In altri casi, hanno prodotto una presa di coscienza e uno scatto di orgoglio che ha mutato, in meglio, la storia successiva. Cinque battaglie, cinque sconfitte che hanno dato forma a ciò che l’Italia è e alla sua identità.
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