India dei giorni nostri. Lei è una scrittrice, una poetessa, una giovane attivista dal passato tormentato e il cuore spezzato. Lui è un docente universitario, un ex guerrigliero maoista, un uomo che, parlando della rivoluzione, sembra più intenso di qualsiasi poesia, più commovente di qualsiasi bellezza. Si conoscono, si innamorano, decidono in fretta di sposarsi.
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La coppia si trasferisce in una lontana città costiera dell'India, senza vincoli né programmi, pronta a un salto nel vuoto che li vedrà protagonisti insieme. Lì, dietro le porte ben chiuse di una villetta circondata da un giardino selvaggio, il marito perfetto cambia volto, trasformandosi poco a poco in un carceriere e in un carnefice. La limitazione delle libertà della moglie - vestiti, trucco, capelli; e poi: email, telefonate, fino al divieto di scrivere - traccia l'inizio di una spirale di violenza e sopraffazione che vedrà la donna sempre più sola e terrorizzata, abbandonata anche dalla famiglia di origine. Finché lei stessa non deciderà di reagire riprendendo in mano il controllo della propria storia. Il romanzo di Meena Kandasamy è un pugno allo stomaco. Non solo perché porta in scena, passo dopo passo, la lenta discesa agli inferi della violenza domestica, scardinandone i meccanismi di manipolazione, di ricatto emotivo e pressione sociale, accompagnando il lettore nelle stanze solitarie dell'abuso attraverso le pieghe del linguaggio e le armi delle tecniche narrative.