Quel ragazzo spavaldo che ci guarda in copertina ha scritto uno dei libri più memorabili del Novecento italiano. Con una lingua inventata, ricchissima e pirotecnica, in Terra matta ha raccontato la sua storia, quella di un secolo e dell'Italia intera. Era un capolavoro, l'hanno letto in tantissimi, lo ricordano tutti.
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Ciò che nessuno poteva immaginare è che Vincenzo Rabito, nella sua stanzetta, avesse continuato a litigare con la tastiera fino all'ultimo giorno. Scampate alla distruzione per un soffio, dimenticate in un cassetto per quarant'anni e poi raccolte dal figlio Giovanni, le pagine del secondo memoriale escono ora in un adattamento libero e personale, più intimo e familiare. Così, il grande scrittore «inafabeto» ci racconta di nuovo il romanzo della sua vita. Tornando sugli episodi, cucendo, indugiando, aprendo i ricordi in scene indimenticabili, da quell'immenso cantastorie che era.
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