«Ogni linea che incide sul foglio gli sembra un passo verso di lei: e alla fine, quando appoggia la punta d'argento e chiude la boccetta dell'inchiostro, e lei si abbandona sfinita sullo scanno e chiude gli occhi, lui sorride – perché sa di averla, oggi, posseduta».
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Romanzo a incastro, La camera di Baltus intreccia in un perfetto moltiplicarsi di specchi tre storie che si assomigliano pericolosamente, legate da un misterioso filo che attraversa i secoli: quella di Maestro Enrico, pittore della fine del Quattrocento, autore degli affreschi della camera che dà il titolo al romanzo, sulla torre del castello di Bastia del Garbo; quella di Baltus, ufficiale napoleonico dal fascino stendhaliano, che vive le sue ultime ore proprio nella camera della torre che da lui prende il nome; quella, infine, di Arsenio Ventura, il critico contemporaneo chiamato a dare un giudizio sugli affreschi ormai corrosi, ma bellissimi ed enigmatici, che alla luce di una lampada si rianimano e si trasformano in un racconto di amore e guerra, donne e uomini, libertà e solitudine. È così che prende vita un viaggio iniziatico nel tempo e nello spazio, dove passato e presente si contrappongono in un gioco combinatorio di grande ricchezza metaforica e varietà stilistica.