Rosa nasce a Licata il primo giorno di primavera del 1927. Il cielo è pieno di rondini, ma a casa sua c’è solo miseria. Il padre cerca nel vino un inutile rimedio alla fame, la madre fa quello che la Storia le insegna da millenni: subisce il destino. Ma Rosa è diversa, lo si capisce da subito. È orgogliosa e ribelle, non si fa zittire né sopraffare, non tollera le offese.
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Si sente ricca anche se non possiede nulla, perché sa di avere un dono che la consolerà di ogni dolore: una voce che incanta e commuove. Così, Rosa canta. Canta mentre gioca scalza per le strade, mentre lavora a servizio dei signori, mentre arriva la guerra. Canta da sola, nel suo cuore, quando a diciassette anni la mandano in sposa all’orrendo Iachinazzu senza che lei possa dire di no. Canta anche in prigione, Rosa, dopo che ha cercato di uccidere quel marito “lagnusu, latru e ’mbriacuni”. È un grido fiero e feroce e lo regala agli ultimi come lei, per infondere speranza, dignità e coraggio. La bambina scalza di Licata diventa una cantautrice amatissima dal pubblico, venerata dalla critica, ricercata da artisti come Dario Fo e Ignazio Buttitta. Fuori dal palco, la sua esistenza burrascosa rotea in un vortice di passioni, dolori, amori, tradimenti. Una vita che è un romanzo, un romanzo su una vita eccezionale. Con una lingua ardente e intensa come la terra di Sicilia Stefania Aphel Barzini porta alla luce la storia di Rosa Balistreri, una delle figure femminili più forti, sorprendenti e inesplorate del Novecento.