La fine dell’uomo è un’ossessione recente. Nel dibattito filosofico contemporaneo si agitano domande relative al nostro destino: sopravvivremo al disastro climatico, all’intelligenza artificiale, a noi stessi? Eppure i limiti di corpo e mente sono in continua definizione. È tempo, quindi, di lasciare spazio a un’altra questione: i con-fini.
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L’individuazione, cioè il nostro divenire, il divenire ciò che siamo, è un tema caro a due grandi pensatori del Novecento: Gilles Deleuze e Gilbert Simondon. Attraverso una loro alleanza, ovvero nelle concordanze tra il pensiero dell’uno e dell’altro, e talvolta nelle diversità, è possibile scorgere alcune risposte ai dilemmi del presente. E dedurre, così, che la fine dell’uomo è in fondo un falso problema. Vita e morte non sono principi dualistici, ma momenti di passaggio, “soglie” da attraversare; l’individuazione non ha inizio e non conosce fine, perché «fluisce lungo la superficie dell’immanenza». La questione dell’individualità è tutta da ripensare. Prefazione di Rossella Fabbrichesi.
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